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L'addio a Risi diventa un film

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Messaggio Da ^^Walker^^ Mar Giu 10, 2008 9:46 am

Il figlio Marco: “Torno a girare, lui avrebbe voluto così”. Il fratello Nelo: “Il dolce tra noi è che ci vedevamo poco”. Scola: “Non amava i funerali infatti non è venuto neanche al suo”. Monicelli: “Ha vinto la scommessa con la vita”



ROMA
Arrivano in tanti, registi, scrittori, sceneggiatori. Passi veloci, sotto il sole d’estate, un attimo di commozione entrando nella Casa del cinema, abbracci, sorrisi, strette di mano. Come se niente fosse. Se Dino Risi avesse immaginato, per uno dei suoi film, la commemorazione di un grande autore, l’avrebbe dipinta esattamente come si è svolta ieri, all’ora di pranzo, a due passi da via Veneto. Senza bara, nè preghiere, nè discorsi ufficiali. Nel segno di quel disincanto, leggero e malinconico, che ha caratterizzato tanta parte del suo cinema. Ettore Scola lo dice chiaro e tondo: «Dino esecrava le cerimonie come questa, diceva che erano una passerella di gente che va a parlare di se stessa. Come vedete non è venuto neanche oggi». Il figlio Marco, vestito di lino color crema, agguanta il microfono dopo un’ora di interventi: «L’ultima cosa che mio padre mi ha detto è “pensa al tuo film” e io devo tornare a girare a Napoli. Non so se oggi si sentirebbe a suo agio, forse direbbe come quando chiudeva certe serate, “se fossi a casa vostra adesso andrei a casa mia”».

La colonna sonora di Profumo di donna, con il maestro Armando Trovajoli al pianoforte, ha aperto l’incontro. In prima fila, sotto lo schermo su cui scorrono immagini del Sorpasso e di Una vita difficile, ci sono, accanto ai parenti, i fratelli Vanzina, Manuel De Sica, Francesco Maselli e poi Raffaele La Capria, Francesco Rosi, Ugo Gregoretti, Carlo Lizzani e Mario Monicelli che dice: «Ci vedevamo spesso, ma sempre per punzecchiarci, ci divertivamo a scommettere su chi sarebbe morto prima, e in tal caso avrebbe vinto lui, oppure su chi avrebbe campato di più e allora avrei vinto io. Appartenevamo a quella grande generazione che ha rimesso in piedi l’Italia dopo un guerra e una dittatura stupide e infantili». Un Paese «generoso e fattivo» di cui oggi sembra non ci sia traccia: «La carriera di Risi è stata intensa e anche fortunata, il suo lavoro è una testimonianza che è insieme speranza, consolazione e anche disperazione». Dopo di lui e dopo il ricordo sofferto del fratello poeta Nelo Risi, è difficile non essere banali. Paolo Virzì dice che «l’eco dello stile di Risi resta in tutto il cinema italiano, per sempre». Sergio Castellitto racconta delle «chiacchiere tra vicini di casa» e loda «la grandezza di un uomo che ha fatto cinema popolare e aristocratico ad un tempo». Paolo Sorrentino allontana con gesti decisi fotografi e tv: «Non siamo mica a una convention». Francesca Archibugi esprime riconoscenza: «Ha insegnato questo mestiere a tante generazioni di registi, in particolare a non essere “gotici” e a pensare prima di tutto al pubblico». Silvio Orlando cita la battuta di Risi durante la consegna di un premio: «Mi disse “Orlando, ma chi le ha fatto la piega ai pantaloni?”. Erano troppo lunghi. Questa attenzione ai particolari è una delle cose che l’hanno reso grande». Valerio Mastandrea spiega di aver amato Risi perchè «sapeva raccontare le cose più patetiche senza patetismi». Paolo Villaggio non si siede: «Fino all’ultimo è rimasto coerente e non si è convertito». Zeudi Araya, tutta in nero, confessa la «tristezza di quando se ne vanno personalità così importanti», Carla Fracci, tutta in bianco, spiega di averlo conosciuto per un documentario su Nurejev: «Dietro l’aria burbera nascondeva classe, stile, genialità e talento». Per salutare il regista che la lanciò, Marisa Allasio ha preso un aereo all’alba: «Andai a fare il provino per Poveri ma belli, in una casa, qui vicino,con lui c’erano moglie, figli, sceneggiatori. Avevo un vestitino rosa, sembravo una caramella, non mi fece recitare nulla, parlammo, e bastò quello. Se ancora oggi mi riconoscono per strada è grazie a lui».

L’ex-sindaco Walter Veltroni è presente con un’ampia corona di fiori, Francesco Rutelli arriva a cerimonia iniziata, Vittorio Sgarbi si aggancia alla polemica di chi ricorda la definizione che Risi diede del cinema di i Moretti, ovvero «Nanni spostati, fammi vedere il film». Le ceneri del regista, fa sapere il figlio Claudio, saranno disperse a Murren, vicino Berna, il luogo dove aveva conosciuto la moglie, Claudia Mosca. Si è fatto tardi, un signore, di quelli seduti nelle prime file, sussurra alla vicina: «C’è un ristorante divino ai Parioli, ti porto a pranzo lì, così ti faccio il regalo per il compleanno...».
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